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epicuro. | 357 |
doro stratonicense, il quale si trasferì presso Carneade, quasi oppresso alle incomparabili sue bontà: e la scuola, mancate pressochè tutte l’altre, durata sempre e usciti altri da altri innumerabili i capi tra’ discepoli; e la riconoscenza a’ genitori, e la beneficenza verso i fratelli, e la dolcezza co’ servi, siccome è chiaro anche dal suo testamento, e perch’essi filosofarono con lui, uno de’ quali celebratissimo era il prefato Mus; e in generale la sua umanità con tutti. Non è da esprimere la pietà verso gli dei, e l’amor di patria. Non mai, per eccessiva moderazione, prese parte agli affari dello stato; e sostenendo allora la Grecia tempi difficilissimi, quivi finì, sua vita, solo percorsi due o tre volte i confini della Ionia per visitare gli amici, che da ogni banda accorrevano a lui, e, come narra Apollodoro, viveano seco nell’orto, il quale avea comperato per ottanta mine.
VI. Diocle, nel terzo Delle escursioni, afferma che il loro modo di vivere era frugalissimo e semplicissimo: Poichè, dice, a una cotila di vinello e’ stavano contenti, e il loro bere era tutt’acqua. — Epicuro non giudicava conveniente che si ponessero in comune le sostanze, come Pitagora, il quale diceva comuni le cose degli amici. Poichè ciò era da persone che diffidano; e se da diffidenti, non d’amici. — Ed egli dice nelle sue lettere bastargli sola acqua e semplice pane. E, Mandami, scrive, del formaggio citridio, onde quando vorrò lautamente trattarmi, ed io il possa. Tale era quegli che dommatizzava esser fine la voluttà; il quale anche Ateneo loda con un epigramma così: