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diogene. 25

nessuna maniera. E quegli: A ragione, disse, poichè tu hai gli occhi coi quali si mirano tavola e bicchiere; ma quella che vede la tavolità e la bicchierità, la mente, non hai. — Chiesegli un tale: che uomo, o Diogene, stimi Socrate? rispose: Un pazzo. — Interrogato in qual tempo si dovea menar donna? Disse: I giovani non ancora; i vecchi non mai. — Interrogato che cosa volesse per ricevere un pugno, disse: Una celata. — Vedendo un giovinetto che studiavasi di comparire attillato, disse: Se lo fai per gli uomini è una cosa inutile; cattiva, se per le donne. — Vedendo una volta un giovinetto arrossire. Fatti animo, disse, che tale è il colore della virtù. — Uditi una volta due legisti, li condannò amendue dicendo, che l’uno avea rubato, ma che l’altro non avea perduto. — Chiestogli qual vino più volentieri bevesse? rispose: L’altrui. — Ad un tale che gli diceva: Molti ti deridono; Ma io, disse, non mi tengo deriso. — Ad uno che affermava essere un male il vivere, Non il vivere, disse, ma il viver male. — A coloro che lo consigliavano di cercare lo schiavo che gli era fuggito: Sarebbe ridicolo, disse, se Manete vive senza Diogene, che Diogene non potesse senza Manete! — Desinando con delle ulive, gli fu posta innanzi una focaccia; disse, gettandola via:

     Fuor dai piè de’ tiranni, o forestiero.


— E un’altra volta:

     E abbacchiò poi l’ulive.