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annotazioni | 345 |
tutto era in un flusso o stato di scorrimento costante, senza supporre nè unità, nè moltiplicità come principio di ciò che accade, anzi dicendo tutto risolversi in una diversità indeterminata; poichè per esso nulla è in sè, ma sempre solamente in rapporto ad un’altra cosa. Questa dottrina esprimeva colla formula: Che l’uomo è misura di tutte le cose; di quelle che sono, per la maniera con cui sono; di quelle che non sono, pel modo con cui esse non sono; volendo soltanto dire con ciò, che le cose sono per ciascuno come gli appaiono, o che non avvi di vero per ciascuno che ciò ch’egli si rappresenta. Quindi non valore universale in qualsiasi proposizione, ec., ec. Consegue di necessità dalle sue dottrine: che a nessuna cosa conviene una natura determinata; che sono egualmente valevoli i contrarj di una stessa cosa nelle medesime circostanze; ch’ogni pensiero essendo vero per colui che lo pensa, non v’ha proposizione che possa essere contraddetta; che ogni pensiero non è che l’espressione del rapporto del soggetto pensante coll’oggetto pensato; ma che il soggetto pensante, l’anima, non è altra cosa che la collezione, la somma dei diversi momenti del pensiero. — Ecco tendenza a ridurre ogni pensiero all’impressione sensibile e a tor di mezzo ogni concetto puramente razionale. In questo senso gli antichi intendevano la proposizione che tutto è, in uno stato di nascita e di flusso costante. Tutto, secondo Protagora, vive in una instabilità sensibile, e non è altro che questa medesima instabilità. Ma se il sensibile è vero, non lo è tuttavia se non perchè egli è percetto sensibilmente; nulla in sè non è freddo o caldo, o in generale dotato di una qualità sensibile qualunque; nessuna cosa è tale o tale se non perchè è sentita così.“ — Ritter.
VIII. Ma se vincerò io ec. — Perchè avendo Protagora pattuito col discepolo d’insegnargli a vincere nelle dispute, in