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annotazioni 333

III. Parmenide filosofeggia col mezzo di poemi. — Compose un’opera (una sola, secondo il nostro Diogene, I, 16), che d’ordinario si cita con questo titolo: Della natura. — Ce ne rimangono frammenti considerabili. — In essa, dice Ritter, spiegava Parmenide la sua dottrina sulla verità, poi quella sulle opinioni degli uomini. L’opinione consiste a prestar fede agli occhi, che non vedono, agli orecchi, che non odono punto, e a rapportarsene alla lingua. Consiste la via della verità, e converso, a sommettere il testimonio dell’esperienza al giudizio della ragione. Questa distinzione della rappresentazione sensibile e della conoscenza razionale è uno dei maggiori sviluppi, che Parmenide sembri aver dati alla dottrina di Senofane. Del resto le sue dottrine differiscono poco nel fondo da quelle di Senofane: se non che e’ le prova altrimenti. — Parmenide non parte, come Senofane, dal cuore del sistema, dall’idea di dio, ma dall’idea dell’ente. — Tutto è, e il non ente è impossibile. — Quindi le conseguenze: che ciò che esiste non ebbe nascimento, e non cangia, e non è che per sè, immutabile, senza limiti; non è mai stato, non sarà di nuovo, perchè è già presentemente; che l’uno è costante ec. — Ora nel modo con che Parmenide inchiude il successivo nell’idea una dell’eterno, del pari egli sopprime l’esteriorità moltiplice, o la diversità dei fenomeni nello spazio, per concepire l’unità dell’esistenza. — Scomparendo con ciò i rapporti di spazio e di tempo, chiaro consegue che il moto ed ogni cangiamento di modificazione non sono che illusioni. Il tutto avendo il suo principio in sè stesso, è sempre in riposo, poichè l’onnipotente necessità lo contiene fra’ legami del limite, e lo circoscrive da tutte parti; l’esistenza non può essere imperfetta, perchè non manca di nulla; il non esistente solo ha bisogno di tutto. — Parmenide, come Senofane, conchiude dall’uniformilà universale e dalla perfezione del tutto alla sua sfericità. Ma poichè il li-