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capo iii parmenide | 273 |
O de’ mortali le opinioni, in cui
Verace fede non esiste.
III. Parmenide filosofeggia col mezzo di poemi alla maniera di Esiodo, di Senofane e di Empedocle. — Criterio chiama la ragione, e dice che i sensi sono inesatti. Scrive adunque:
Nè mai l’uso ti spinga per cotesto
Sentiero di svariate esperienze
A muover l’occhio inetto ed il sonoro
Orecchio, ovver la lingua; ma separa
Colla ragion le controverse prove.
Ond’è che intorno a lui dice Timone:
L’alto e gloriosa possa del pensiero
Di Parmenide, che, dalla fallace
Fantasia, della mente i moti seppe
Sottrar. —
Su di lui scrisse Platone il dialogo che intitolò: Parmenide, o delle idee. — Fiori nella sessagesima nona Olimpiade. — Al dire di Favorino, nel primo Dei Commentarj, pare che e’ fosse il primo a sospettare ch’Espero e Fosforo sieno una stessa cosa; ma secondo altri Pitagora. — Callimaco afferma che il Poema non era suo.
IV. Narrasi, come scrive Speusippo, nel libro Dei filosofi, aver egli fatte delle leggi pe’ suoi concittadini; e, come dice Favorino, nella Varia istoria, essere stato il primo ad usare, nelle dispute, l’argomento detto l’Achille.
V. Vi fu anche un altro Parmenide, retore , che scrisse dell’arte.