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CAPO II.
Diogene.
I. Diogene, figlio del banchiere Icesio, era da Sinope. Narra Diocle che tenendo suo padre il banco pubblico e falsando la moneta, dovette fuggire: Ma Eubulide nel libro Di Diogene dice che Diogene stesso fece questo, e che andò ramingando col padre; anzi nel Pordalo parla anch’egli di sè come di aver falsato moneta. Alcuni affermano che essendo provveditore, vi fosse indotto dagli artigiani, e che andato a Delfo o a Delo consultasse Apollo, se in patria dovea fare ciò che gli si consigliava. Che assentitogli, non intendendo la civil consuetudine ([testo greco] che significa anche moneta), alterò il rame, e che colto sul fatto, secondo gli uni fu bandito, secondo gli altri, per timore si sottrasse volontario. V’ha chi dice che ricevuta la moneta dal padre suo, ei la corruppe, e che quegli morì in catene, questi fuggì. Che ito poi a Delfo, chiese, non se dovea falsare, ma qual cosa operare per divenir gloriosissimo, e che così ebbe quell’oracolo.
II. Venuto in Atene, s’attaccò ad Antistene, il quale rigettandolo, poichè nessuno ammettea, dovette poi cedere all’insistenza; e una volta avendogli alzato contro il bastone, Diogene postavi sotto la testa: Batti, disse,