Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/186


annotazioni 169

diate ad altre, cioè per rassomiglianza o analogia, per trasposizione ec.“ — Ritter.

XXXIX. Cinque sono le parti del discorso. — Alle quattro parti del discorso, sole ammesse da’ primi Stoici, ne aggiunse Crisippo una quinta, dividendo il nome sostantivo di proprio e comune. Quelli che vennero dopo contribuirono del pari a moltiplicare le divisioni del discorso. — Non è inverisimile, dice Ritter, che alle forine del linguaggio fosse anche applicata la divisione delle categorie, per la ragione che in generale la logica degli antichi era attaccata alla loro grammatica; tuttavolta l’aggiunta fatta ad esse da Crisippo, della quinta parte già detta, potrebbe indurci a credere ingannevole questa supposizione, non essendo che di sole quattro il numero delle Categorie.

XL. Cinque sono i pregi del discorso. — Tra questi pregi o virtù del discorso, il buon Diogene annovera primo il Grecismo — l’ellenismo, come dicono i moderni — e la spiegazione ch’e’ ne dà, per certo non sua, contradice ad alcune moderne dottrine! [testo greco], frase corretta; [testo greco] che non cade; che non può cadere; solido. Cioè la frase sicura, secondo i principj dell’arte, non seguace dell’uso.

XLII. La definizione è un discorso ec. — Questo passo è incompito. Crisippo chiama la definizione l’indicazione del particolare senza che vi sia quistione del generale. [testo greco]. — Bekker anecd. gr.

Specialissimo è ciò, che essendo specie ec. — La specie propriamente detta è, per gli Stoici, l’individuo. Secondo essi, dice Ritter, le idee generali non sono nè intieramente vere, nè intieramente false, perchè non esprimono il carattere individuale delle cose particolari, che sole hanno verità, e perchè non disegnano una cosa qualunque; anzi credono non esistere idee che nel nostro pensiero.