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capo vii crisippo 151

i settecento e cinque. Ma quelli riempiva di frequente argomentando su di uno stesso domma, e scrivendo tutto in che s’abbattea, e facendo correzioni superflue, e usando grande apparato di testimoni. A segno che una volta, dopo che in certa sua opera per poco non mise intiera la Medea di Euripide, uno che tenea in mano il libretto, richiesto da un tale che cosa avesse, rispose, La Medea di Crisippo. Ed anche l’ateniese Apollodoro, nella Collezione dei dommi, volendo mostrare che le rose di Epicuro, scritte di forza propria e senza recarvi l’altrui, sono infinitamente più numerose dei libri di Crisippo, così, in proprii termini, si esprime: Poichè se alcuno togliesse dai libri di Crisippo quanto vi fu messo d’altrui lascerebbe la sua carta vuota. Così Apollodoro. E la vecchia che lo assisteva raccontò, come afferma Diocle, ch’e’ scrivesse giornalmente cinquecento righe. — Narra Ecatone essersi volto Crisippo alla filosofìa quando la sua sostanza paterna gli fu tolta dal fisco.

IV. Aveva il corpicciuolo esile, come si vede dalla statua ch’è nel Ceramico, la quale è coperta quasi da un cavaliere che le sta vicino. Il perchè Carneade lo chiamava Cripsippo (nascosto-dal-cavallo). — Rimproverandolo alcuni perchè non istudiasse con molti presso Aristone, disse: S’io avessi atteso ai molti, non mi sarei posto a filosofare. — A un dialettico avversario di Cleante e che proponeva a questo dei sofismi, disse: Cessa di togliere il più vecchio dalle cose più reali, e a noi giovani proponi queste. — Un’altra volta, ad uno che interrogandolo, essendo solo, ragionava seco placidamente,