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118 | capo primo |
l’animosità, l’escandescenza. Il bisogno è una certa concupiscenza per cosa che ci sia rifiutata, e come separata da essa, cui invano tendiamo e seguiamo; l’odio è un desiderio del male di alcuno, con qualche aumento e prolungazione; la discordia una certa passione per l’opinion propria; l’ira un desiderio di punizione di chi crediamo averci offeso sconvenevolmente; l’amore è un desiderio che non è proprio degli uomini gravi, poichè è lo sforzo per farsi amica un’appariscente bellezza; l’animosità è una collera inveterata, ed un rancore che sta in agguato, come è dimostralo per questi versi:
Poichè sebbene per un dì la bile
E’ digerisca, di vendetta pure
Serba poscia il desio finchè si compia.
L’escandescenza è uno sdegno irrompente. La voluttà è una brama irragionevole verso ciò che sembra da desiderarsi, alla quale sono subordinati il diletto, la gioja maliziosa, il piacere, la dissolutezza. Il diletto è una voluttà che blandisce per mezzo delle orecchie; la gioja maliziosa una voluttà che si prova pel male degli altri; il piacere, come piacere, un certo eccitamento dell’animo al rilassamento; la dissolutezza il rilassamento della virtù. E in quel modo che diciamo alcune malattie del corpo, come podagra e artritide, così parimente diciamo dell’anima l’ambizione, l’amore alla voluttà, e simili. Poichè la malattia è un male con debolezza, ed è un male la forte preoccupazione che si ha per cosa che ci sembra desiderabile. E al modo che si dicono del corpo alcuni