Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/131


zenone. 115

stabilita da quello che si conosce delle cose, come a dire, mutar frumento con orzo, aggiuntovi un mulo. Essere adunque le cose preferibili quelle che hanno un merito, come, in riguardo all’anima, l’ingegno, l’arte, il progresso e simili; in riguardo al corpo, la vita, la salute, la forza, la dispostezza, l’uso di tutte le membra, la bellezza; in riguardo a’ beni esteriori, la ricchezza, la gloria, la nobiltà e simili. Da rigettarsi, circa quelle dell’anima, l’inettezza, la mancanza d’industria e simili; circa quelle del corpo, la morte, la malattia, la debolezza, la cachessia, la privazione di qualche membro, la bruttezza; circa le esterne, la povertà, l’oscurità, l’ignobiltà e le affini. Nè preferite nè rejette quelle che non sono nè nell’un modo nè nell’altro. Eziandio fra le cose preferibili alcune sono preferibili per sè stesse, altre per altre, altre e per sè stesse e per altre. Per sè stesse l’ingegno, il progresso e simili; per altre la ricchezza, la nobiltà e simili. Per sè stesse e per altre la forza, il vigore de’ sensi, l’uso di tutte le membra. Per sè stesse, perchè sono secondo natura; per altre, perchè procurano non poche utilità. Stessa cosa, per ragione contraria, di quelle che si rigettano.

LXII. Dovere chiamano gli Stoici una cosa della quale, essendo preferita, possiamo dare un conto ragionevole, siccome conseguenza nella vita, il che pertiene anche alle piante ed agli animali; potendosi in questi eziandio notare alcuni doveri. Da Zenone primo fu così nomato il dovere ([testo greco]) prendendo la denominazione dal venire ad alcune cose ([testo greco]). Essere desso l’azione propria alle istituzioni naturali. Poichè