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114 | capo primo |
chezza e la salute è usabile bene e male; dunque non bene la ricchezza e la salute. Posidonio dice, per altro che anche queste cose sono beni. Ma che neppure la voluttà sia un bene, lo affermano ed Ecatone, nel decimonono libro Dei beni, e Crisippo, in quelli Della voluttà. Poichè v’hanno delle voluttà turpi, e nulla di turpe è un bene, ed è utile muoversi e condursi conforme a virtù, nuocevole muoversi e condursi secondo il vizio. In due maniere si chiamano le indifferenti. A un modo quelle che non contribuiscono nè alla felicità nè alla infelicità, come sono ricchezza, gloria, sanità, forza e simili; da che si può essere felice anche senza queste, contribuendo alla felicità ed alla infelicità secondo il modo di usarne. A un altro si dicono le indifferenti che non muovono nè desiderio nè avversione, com’è l’aver pari i capelli sul capo o dispari, o il distendere o il ripiegare il dito, così non avendosi a dire di quelle prime indifferenze, che sono abili a muovere desiderio ed avversione. Il perchè alcune di esse si eleggono per la scelta e la fuga dell’altre, essendo del pari.
LXI. Delle cose indifferenti ve n’ha alcune che e’ dicono preferite, alcune rejette; preferite quelle che hanno un merito, rejette quelle che non hanno un merito. Merito dicono essere in una cosa quando contribuisce alcun che ad un vivere convenevole, e sta in ogni maniera di bene; e merito essere certa forza media, od uso contribuente ad una vita secondo natura, al modo che si direbbe, se qualche cosa giovassero, nella vita secondo natura, le ricchezze e la salute; e merito la remunerazione di chi è apprezzato, la quale può essere