rispose: Anche i medici gii infermi. — Vedendo una volta fuggire un adultero: Disgraziato, gli disse, a che gran pericolo tu potevi sottrarli con un obolo! — Meglio, diceva, al riferire di Ecatone, nelle Crie, dare ne’ corvi che negli adulatori; poichè quelli i morti, i vivi mangiano questi. — Interrogato qual cosa fosse più beata tra gli uomini, rispose: Morire quando si è fortunati. — Un suo famigliare dolevasi seco di avere smarriti i comentarj: Bisognava, disse, scriverli nell’anima, non sulla carta. — Come dalla ruggine il ferro, così, diceva, gli invidiosi dal proprio costume essere divorati. - Que’ che bramano di essere immortali, diceva, aver mestieri di vivere piamente e giustamente. — Allora, diceva, rovinare le città, quando discernere non ponno i malvagi dai buoni. — Lodato una volta da tristi, disse: Temo assai di non aver fatto qualche male. — I fratelli che vivono concordemente, affermava, essere di qualunque muro più forti. — Diceva: doversi apprestare viatico di tal fatta che anche col naufrago potesse insieme nuotare. — Una volta rimprocciandogli taluno il suo conversare coi malvagi: Anche i medici, rispose, stanno in compagnia dei malati, ma non hanno la febbre. — Strano, diceva, che si separasse dal grano il loglio, e dalla guerra poi gli inetti, dalla cosa pubblica non si rigettassero i malvagi. — Richiesto qual fruito avesse ritratto dalla filosofia, rispose: Il poter conversare con me stesso. — Un tale dicendogli in un convito: canta; Tu suonami il flauto, rispose. — A Diogene chiedente una veste propose di raddoppiare il mantello. — Interrogato quale tra le discipline fosse la più necessaria, rispose: Disparare