Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
108 | capo primo |
condo ragione può essere per chi vive secondo natura: addivenendo essa l’artefice dell’appetito.
LIII. Il perchè primo Zenone, nel libro Della natura dell’uomo, disse fine il vivere conformemente a natura, che è vivere secondo virtù; poichè a questa ci conduce la nostra natura: e la stessa cosa anche Cleante, nel libro Della voluttà, e Posidonio ed Ecatone, ne’ libri Dei fini. E di nuovo, stessa cosa è il vivere secondo virtù del vivere secondo la sperienza delle cose che accadono in natura, come dice Crisippo, nel primo Dei fini. Poichè parti della natura universale sono quelle della nostra. Quindi essere fine il viver conseguentemente a natura, cioè secondo la propria e secondo quella dell’universo, non facendo nulla di ciò cui la comun legge è solita proibire; la qual cosa è il retto discorso che arriva per tutto, lo stesso che è appo Giove, che con esso conduce il governo di quanto esiste. Quest’essa essere la virtù dell’uomo felice e la felicità della vita, allorquando cioè tutto si fa in consonanza del genio di ciascuno colla volontà del moderatore di ogni cosa. E però dice espressamente Diogene, esser fine il retto discorso nella scelta di ciò ch’è secondo natura; e Archedamo, il vivere adempiendo a tutti i doveri. Crisippo intende per natura quella, in che s’ha a vivere convenientemente, la comune cioè, ed in particolare l’umana. Ma Cleante ammette soltanto una natura comune, cui si dee seguire, non una che sia particolare; e confessa essere la virtù una disposizione, e da scegliersi essa per sè, non per certi timori o speranze, od alcun che di estraneo; ed essere in essa la felicità, atteso che l’anima