Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
68 | capo x |
A Pitagora mio, che a tutti è primo
Per l’ellenica terra — Io qui non mento.
E di lui dice Ione da Chio:
Di virtù al pari e di pudore ornato
Pur moria ha vita l’anima soave!
Di Pitagora al pari verace saggio
Vide e studiò degli uomini i costumi.
E nostro è questo in metro Ferecrazio:
Dell’illustre Ferecide, cui Siro
Già partoriva, è detto che, i pidocchi
Il primiero mutatone sembiante,
Tosto imponesse sul magnesio suolo
D’esser deposto, onde l’efesio avesse
Popolo generoso alfin vittoria —
Imperocchè l’oracolo, ch’ei solo
Conoscea, queste cose aveva imposto —
E moriva colà — Giovevol dunque
È il verace sapiente e vivo e morto.
VIII. Nacque nella cinquantanovesima olimpiade, e scrisse quest’epistola:
Ferecide a Talete.
„Oh muoia tu bene, quando il destino ti sopravvenga! La malattia mi aveva già sorpreso al ricevere delle tue lettere. Tutto io formicolava di pidocchi, ed aveva la febbre continua. Ingiuusi adunque a’ miei schiavi, sepolto che mi avessero, di recarli le cose ch’io ho scritto. Tu, se cogli altri sapienti