Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/92


capo x epimenide 63

delle pecore nere e bianche, le condusse presso l’Areopago, e di là lasciolle andare ove vollero, ordinando a guardiani, che nel luogo in che ciascuna di quelle si ponesse a giacere, si sagrificasse ad un nume particolare. E così cessò il male. Per la qual cosa anche ora vien fatto di trovare, per le tribù degli Ateniesi, are senza nome, in memoria delle purificazioni praticate una volta. Alcuni affermano che il delitto Cilonio fosse cagione della peste, la quale ne significasse l’espiazione; e perciò, morti i due giovani, Cratino e Ctesibio, cessasse anche la calamità. Gli Ateniesi decretarono di dare ad esso un talento, e la nave che il riconduceva in Creta. Ma ricusato il denaro promosse l’amicizia e l’alleanza dei Gnossi e degli Ateniesi.

IV. Ritornato a casa dopo non molto, morì, come dice Flegone, nel libro intorno I lungamente vissuti, di cento cinquanta sette anni; come dicono i Cretesi, di trecento meno uno; come Xenofane colofonio dice aver udito, di cento cinquanta quattro.

V. Scrisse la generazione dei Cureti e dei Coribanti e una Teogonia, versi cinque mila — La costruttura della nave Argo e la navigazione di Giasone in Colco, versi sei mila cinquecento — Scrisse anche in prosa intorno i sagrificii e il governo dei Cretesi; e su Minosse e Radamanto, in versi, quattro mila.

IV. Fabbricò presso Atene un sacrato all’Eumenidi, siccome racconta Lobone argivo nel suo libro dei Poeti. Ed è pur fama avere il primo purificate case e campi, ed eretti sacrati.

VII. V’ha chi afferma non aver egli dormito, ma