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precetti sino al numero di due mila versi. E diceva, che chi volea regnare sicuramente, dovea torsi a guardia la benivoglienza e non le armi — E interrogato una volta, perchè persistesse nella tirannide; rispose: Perchè riesce pericoloso e il rinunciarvi spontaneamente, e l’esserne spogliato — Disse anche queste cose: Bello il riposoMal certa la temeritàTurpe il guadagnoLa democrazia migliore della tirannideLe voluttà corruttibili, immortali gli onoriSii moderato nelle prosperità, nelle sventure prudenteCogli amici, sì avventurali che sfortunati, serbati lo stessoAttieni quanto hai promessoFa che non si disvelino i discorsi segretiCastiga non solo quelli che peccano, ma quelli ancora che si dispongono a peccare.

V. Egli fu il primo che avesse guardie; e tramutò la magistratura; e chi voleva non lasciava vivere in città, come affermano Euforo ed Aristotele.

VI. Fiorì intorno la trentesima ottava olimpiade e fu per quaran’tanni tiranno. Sozione, Eraclide, e Pamfile, nel quinto dei Commentarii, dicono che due furono i Periandri; l’uno tiranno, l’altro d’Ambracia. Anzi, scrive Neante ciziceno ch’erano fra loro cugini. Aristotele dice che il sapiente era corinzio; Platone il niega - Di lui è: lo studio è tutto — E volle tagliar l’Istmo.

VII. Si recano come sue anche le lettere:

Periandro ai Sapienti.

„Molte grazie sieno al Pizio Apollo se riuniti insieme le mie lettere vi condurranno anche a Corinto.