racchiudono il germe della virtù, ma non si affermò. Il suo scetticismo per altro giunse ad inspirargli fino dei dubbi sulla conformità delle idee morali colla natura. N’è prova il suo discorso contro la giustizia. — In questi dubbi sorpassò Arcesilao, il quale ammetteva l’esistenza di un bene e di un male naturale; e si scostò dalla dottrina platonica più che non area fatto l’Academia mezzana. — Circa il pensiero dell’uomo in generale, cercava egli di mostrare che tutti gli anteriori tentativi della filosofia per trovare un criterio della verità erano rimasti senza successo, e che anzi era impossibile trovare un siffatto criterio. — Sembra per altro che seguendo Crisippo, Carneade, meglio che i suoi predecessori, determinasse la differenza nella sensazione e nella rappresentazione tra ciò che appartiene all’oggetto sensibile e rappresentabile, e ciò che appartiene all’oggetto senziente e rappresentante. — Ai dubbi sulla possibilila di conoscere il vero unì Carneade la sua dottrina sulla verisimiglianza. Questa dottrina si fonda tuttavolta nell’impossibilità in che trovasi il sapiente di sempre rattenere il proprio giudizio, poichè altrimenti sarebbe mestieri ch’e’ si lasciasse morire. Carneade non volea nè pure, con Arcesilao e in opposizione agli Stoici, seguitare l’impressione necessaria e cieca, ma si riserbava la scelta ragionevole tra maniere di agire opposte, pretendendo nonostante che questa scelta non riposi affatto su di una vera scienza, ma unicamente su di una verisimilitudine, or più or meno grande. — Scopo, a dir vero, di questa teorica era evidentemente la vita pratica; pure, siccome la vita pratica non ha per nulla bisogno di sì fatta dottrina, chiedere si potrebbe benissimo perchè Carneade non applicò la sua dottrina della verisimilitudine ne’ suoi discorsi pro e contro la giustizia; perchè parlò contro la giustizia, dopo averne parlato in favore, e perchè non fece l’opposto. Pa-