insegnamento filosofico dovette starsi rinchiuso in alcune determinate divisioni, delle quali ben forse potea essere conseguenza la divisione, a lui attribuita, della filosofia, in Logica, Fisica e Morale. Ciò che può tenersi per cosa sua si riduce quasi esclusivamente alle formole matematiche alle quali egli si provò di ridurre la dottrina platonica. Ciò che dimostra, secondo Ritter, che l’esposizione platonica prendeva piede sempre più nell’Academia. — I discepoli di Platone pare che non vedessero chiaramente il modo, col quale il loro maestro aveva distinto il lato matematico dal lato sensibile e dal lato ideale della coscienza. La qual cosa li condusse a chimeriche supposizioni. — Alcuni rigettavano il numero ideale, e non ammettevano che un numero matematico. Altri cercavano di fare scomparire la distinzione fra i numeri matematici e il numero ideale. Altri non volevano che il numero ideale. Pare che Senocrate avesse abbracciata la seconda opinione; e quindi ch’e’ tentasse di dare un’importanza filosofica alle dottrine matematiche, ovvero di cercarvi la conoscenza delle idee. Questa congettura, segue Ritter, è confermata dall’opinione che Senocrate si era formata della relazione della scienza e della sensazione colla essenza delle cose. Egli ammetteva tre maniere di essenza, la sensibile, la razionale e quella che componevi delle due prime e che è l’obbietto dell’opinione. L’essenza conoscibile per mezzo della ragione è per lui al di fuori del cielo e del mondo, è l’esistenza delle idee; l’essenza sensibile è dentro del mondo; finalmente l’essenza mista è il cielo stesso, poichè il cielo è percettibile ai sensi, ma del pari conoscibile alla ragione per mezzo dell’astronomia. — È notevole sembrare che Senocrate non metta diversità tra scienza e intelligenza ([testo greco] e [testo greco]), e ch’egli accordi al senso ([testo greco]) eziandio la verità, non per altro una verità simile a quella che compete al [testo greco], al discorso, scientifico. — Che se gli antichi e