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342 | annotazioni. |
stimonianza di Dionisio che si reca più innanzi, circa l’avarizia di Speusippo, è di gran peso, se si considera l’inimicizia di costui con Dione, e per conseguenza con Speusippo.
VI. Osservò nelle scienze ciò che aveano di comune. — [testo greco]. Non nelle sole matematiche com’altri volle. E in ciò non fece che, quello che aveva fatto Platone. Speusippo, dice Ritter, restò fedele al principio, che chi vuol dare la definizione di un’idea dee tutto sapere, perchè si propone di indicare tutte le differenze per le quali ciò che bassi a definire, si distingue da ogn’altra cosa. Questo principio, se sia ristretto fra giusti limiti, fa conoscere la connessione delle scienze, giusta il senso di Platone.
Quelle cose che Isocrate appellava arcane. — Queste cose arcane il Casaubono non altro ha sospetto che fossero se non la dottrina de’ ritmi, ossieno numeri oratorii, la cognizione dei quali afferma Cicerone essere un’arte intima, artis intimae. Menagio dice di non bene intendere queste cose che da Isocrate si chiamano [testo greco], credendo per altro che Laerzio, tanto qui come nella vita di Pitagora, le tenesse per arcani dell’arte rettorica, e fosse da leggersi piuttosto: [testo greco].
Trovò modo di fare con minuti legni ben capaci vasi. — [testo greco], ex gracilioribus lignis capacia et in ventres tumentia vascula, [testo greco], propriamente, è sportula, cotinus, calathus, corbello, cofano, cestella, ec.; [testo greco], da [testo greco], tumore, gonfiezza, ampio, ben capace, di giusta mole, ed anche, secondo la sposizione di Suida, facile da trasportarsi, non troppo grande. L’autore dell’articolo Speusippo, nella biografia francese, farebbe Speusippo inventore dell’arte di fabbricare delle picciole botti con assi sottilissime. Sembra, per vero, che qui non si parli di cestelle.
IX. Se appreso io non avessi che Speusippo ec. — Parmi il senso ovvio e degno al certo di Laerzio, senza fanta-