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306 | capo ii |
guerra lamiaca, e invitato a cena da lui, gli addirizzò questi:
Circe, qual uom che preveggente fosse
Sosterrebbe gustar cibo o bevanda
Pria di redimer i compagni suoi
E vederli cogli occhi?
e Antipatro accogliendo con bontà il destro, li lasciò tosto andare.
VI. Una volta lanciatosegli nel seno un passerino inseguito dallo sparviero, accarezzandolo leggermente lo lasciò andare dicendo: Non doversi consegnare il supplichevole — Beffato da Bione: Non io, disse, sarò per rispondere a lui; poichè nè la tragedia beffeggiata dalia commedia si degna rispondere. — Ad uno che senza avere imparato nè musica, nè geometria, nè astronomia, voleva venire a scuola da lui: Vattene, disse, tu non hai i manichi della filosofia. — Altri afferma ch’egli abbia detto: Da me non si carda la lana. — Dicendo Dionisio a Platone che gli avrebbe tagliata la gola, costui che era presente, mostrandogli la propria: Non certo, soggiunse, prima che questa.
VII. Narrasi che Antipatro, venuto un giorno in Atene, e salutato Senocrate, e’ non l’ebbe risalutato prima che avesse condotto a fine il discorso ch’e’ pronunciava.
VIII. Nemicissimo essendo d’ogni ostentazione, molta parte del giorno meditava tra sè, e un’ora, dicono, dava al silenzio.