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annotazioni 271

Quando la sensazione ci perviene con questo mezzo, pur essa medesima diviene un mezzo per la conoscenza delle idee, ma solamente in quanto essa ci richiama alla nostra origine divina per l’analogia ch’essa ha colla vera misura delle cose, e ci invita a separare per mezzo della riflessione pura resistenza delle idee confuse nella sensibilità, ed a trovare in noi stessi e nell’essenza eterna delle cose la vera misura e la vera egualità.

Ora, conchiude Ritter, trattasi di sapere come ed in che trovi Platone un punto di unione per l’esistenza del mondo sensibile, o come egli abbiasi figurato l’esistenza collaterale dei due mondi fra loro. Poichè se il mondo delle idee abbraccia ogni esistenza, ed è l’unico oggetto della scienza, come può allora trattarsi di un altro ancora? È facile uscire da questa difficoltà, risolvendosi a prendere in istretto senso ciò che Platone dice nel Timeo sulla formazione del mondo sensibile. Nel rappresentare Iddio come formatore del mondo egli si fonda su questo che le idee debbono essere considerate come modelli, prototipi, di cui le cose sensibili non sono che copie; nel che naturalmente suppone esistere qualch’altra cosa diversa dall’idee, capace di riceverne l’impronta o l’immagine. Platone quest’altra cosa paragona alla materia lavorata dagli artieri, e questa immagine serve anche di base a tutta la sua esposizione. È qualche cosa che è difficile far conoscere: è qualche cosa di essenzialmente indeterminato o privo di forma, ma suscettivo di tutte forme, e che per ciò stesso non dee averne alcuna, poichè allora rappresenterebbe male le altre forme: ma inaccessibile ai sensi e privo di figure, tutto contiene, e partecipa nel modo il più strano e il più difficile a comprendersi, alla conoscibilità. Egli è rappresentato come la massa suscettiva di ogni specie di esistenza corporea, la quale, mentre le forme ch’essa riceve cangiano incessantemente, resta ciò nullameno la stessa e non sembra in movi-