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264 | annotazioni |
I. Vide in sogno Apollo ec. — „Sapientiæ principem non aliter arbitrantur nisi de partu virginis aditum.“ S. Girol. — L’antico mondo era inchinato a rappresentare i grandi uomini, i benefattori dell’umanità, come figli di numi; e se n’ha esempi in Ercole, Castore e Polluce, Romolo e Remo, Alessandro, Pitagora ed altri. Una stolta reiterazione creò sul conto del nostro filosofo anche altri racconti, ai quali fanno singolar contrapposto le molte diffamazioni che si spacciarono e che meritano forse egual fede di ciò che narrano Eraclide, Aristippo ed altri citati da Diogene e da Ateneo. — Il nome di questo grande, che fu appellato l’Omero della filosofia, sorpassò in celebrità tutti i suoi contemporanei, e giunse sino a noi senza temer riscontro che nel solo Aristotele. Sarebbe soverchio narrare l’ammirazione che il mondo gli tributò per quasi ventitrè secoli! All’ideale della platonica filosofia deesi certo la numerosa schiera de’ suoi segnaci. L’influenza che per tal mezzo esercitò Platone sull’andamento dello spirito umano, si sparse, dice Degerando, come un fiume maestoso a traverso l’età seguenti, e si captivò il cristianesimo al suo nascere. Alcuni Padri — que’ dei primi quattro secoli erano greci e platonici — supposero nella loro ammirazione, che il nostro filosofo fosse stato ammesso ad una specie di cognizione o presentimento della rivelazione; molti dottori lo collocarono nel novero dei santi. Al secolo scorso, Vico studiava in Platone l’uomo qual debb’essere, l’uom de’ filosofi, siccome in Tacito l’uomo qual è, l’uomo dei politici; e con questi due libri formava la doppia base della sua dottrina, la sapienza volgare è riposta, com’ei la chiama. Voltaire, al solito, lo faceva scopo del mordace suo riso. Al nostro secolo il divino Platone fu riposto in quel seggio che la moderna critica assegna ai veri classici, che si studiano sempre e sempre ci paiono nuovi.