Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/258


platone. 223

giuste quante partecipano del giusto; oneste, quante dell’onesto. In ciascuna delle idee v’è e l’eterno e il pensiero e con essi l’impassibilità. Il perchè affermava le idee essere poste in natura a guisa di esemplari. A queste rassomigliarsi le altre cose; immagini di queste essere costituite. Ond’è che Epicarmo così si esprime e circa il buono e circa le idee:

  A. È delle tibie il suono un che? — B. Per certo.
  A. L’uom dunque è suon di tibia? — B. No, del tutto!
  A. Or su, veggiamo, chi le tibie suona?
     Chi parti sia? L’uomo? oppur no? — B. Sì; l’uomo.
  A. E dunque non ti par che sia lo stesso
     Circa al buono? Che qualche cosa il buono
     Non sia, ch’è per sè stessa? Che colui
     Che l’appara divenga tosto buono?
     Siccome suonator di tibie è quello
     Il qual le tibie appara; ballerino
     Chi il ballare; chi il tesser tessitore;
     O s’altro v’ha di simil che li piaccia,
     Artefici saran, l’arte, nessuno.

Platone nel libro, Opinione intorno alle idee, dice: Se tuttavolta vi ha memoria, le idee debbono esistere nelle cose che sono, atteso che la memoria è qualche cosa di quiescente e durevole; nè, fuor le idee, altro duri. Imperocchè, prosegue, come potrebbero conservarsi gli animali senza attingere all'idea ed avere, oltra ciò, ricevuto una naturale intelligenza? E da prima ricorda la rassomiglianza e il cibo, quale è per essi, dimostrando come a tutti gli animali è naturale la cognizione della rassomiglianza; ciò che fa che essi hanno