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172 | capo xvii. |
nedemo; e che costui, dopo che fu preposto al governo della repubblica, una ricca sposò, ma che nonostante avendo essi una casa sola, Menedemo ne lasciò la cura alla prima moglie. — Asclepiade morì il primo in Eretria, già vecchio, essendo vissuto tra le lautezze con assai parsimonia, in compagnia di Menedemo. Per la qual cosa un mignone di Asclepiade, venendo dopo qualche tempo ad una gozzoviglia, e i donzelli serrandolo di fuori, Menedemo ordinò che fosse ammesso, col dire, che Asclepiade, anche di sotterra, gli apriva le porte. — Ebbero essi a protettore Ipponico il macedone e Agetore lamiese. Costui diede trenta mine a ciascuno, e Ipponico a Menedemo due mila dramme, per maritare le figlie; le quali, al dire di Eraclide erano tre, ch’egli avea avute dalla moglie Oropia.
XV. I conviti faceva in questa maniera: pranzava prima con due o tre, fino a giorno inoltrato; poi uno chiamava quelli che sopraggiugnevano, che pur essi aveano già desinato; se taluno veniva più presto, tornando addietro, s’informava, da chi usciva, che cosa avessero posto in tavola ed a che punto fossero; quindi se udiva camangiaretti o salumi, si ritirava, se pezzi di carne, entrava. Nella state, eranvi stuoie sopra i letti, nel verno pelli di pecora; l’origliere doveasi portar con sè; la tazza che si mandava in giro non era più grande di una cotila; al pospasto sì servivano lupini e fave e qualche volta, alla stagione, pere, o granati o piselli, o, per dio, anche fichi secchi. Le quali tutte cose racconta Licofrone ne’ satiri, che intitolò Menedemo, dram-