Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/200


menedemo 167

E Timone così:

     Se a chiacchierar ponenti era un altero,
     Vano romoreggiar.

E tale fu questa gravità, che Euriloco casandreo, in compagnia di Clippide giovine ciziceno, rifiutò un invito di Antigono, temendo non se n’avvedesse Menedemo, censor severo e libero parlatore. — Quindi essendo trattato da un giovine con isfrontatezza, nulla disse per verità, ma preso un fuscello disegnò sullo spazzo la figura di un cinedo; sinchè, veggenti tutti, il giovine, accortosi del vituperio, si parli. — A Ierocle, ritornando seco dal Pireo al tempio d’Aufiarao, e molte cose discorrendo intorno la distruzione di Eretria, non disse altro, se non che il richiese del perchè si lasciasse svergognare da Antigono? — Ad un adultero che arditamente parlava: Ignori, disse, che non solo il cavolo ha buon succo, ma anche il rafano? — Ad un giovinetto che gridava alto, guarda, disse, di non aver di dietro qualche cosa senza saperlo. — Antigono gli chiese parere se dovea recarsi ad uno stravizzo: taciute l’altre cose, ciò solo comandò gli rapportassero, ch’egli è figlio di re. — Ad uno sciocco che gli raccontava alcune frivolezze, chiese se aveva un campo: e dettogli che possessioni in buon dato, va dunque, riprese, ed abbine cura, affinchè non li avvenga che e quelle vadano a male, e tu perda un'onesta semplicità. — A chi gli dimandò se l’uom probo deve ammogliarsi, chiese, qual ti sembro io, probo o no? e dettogli che era, io dunque, sog-