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CAPO XVII.
Menedemo.
I. Menedemo, che fu tra’ seguaci di Fedone, era figlio di Clistene, disceso dai così detti Teopropidi; uomo al certo ben nato, ma architetto e povero. Altri dicono che costui era anche fabbricatore di tende, e che avea Menedemo apparato ambo i mestieri. Ond’è che proponendosi da lui un qualche decreto, Alessino lo punse dicendo come non conveniva al sapiente il fare nè tende, nè decreti.
II. Menedemo, spedito dagli Eretriesi in presidio a Megara, se ne andò all’Accademia da Platone, e preso alla rete abbandonò la milizia. Ma tratto a sè da Asclepiade fliasio, fu a Megara da Stilpone, ove entrambi lo udirono. E di là navigando ad Elide si unirono ad Anchipilo e Mosco seguaci di Fedone; e sino al presente, come è detto prima nella vita di Fedone, si appellarono Eliaci. Ma Eretrici poi si chiamarono dalla patria di quello di cui si parla.
III. Pare che Menedemo avesse molta gravità. Su di che, parodiandolo, così disse Crate:
E Asclepiade fliasio e il toro Eretrio.