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aristippo. | 145 |
zioni — Tre di Crie — A Laide — A Poro — A Socrate — Della fortuna — Il fine definì, un movimento soave che si comunica a’ sensi.
VII. Cirenaici. — Da poi che noi abbiamo descritto la vita di Aristippo, su via, percorriamo di presente i Cirenaici che da lui provennero, i quali da sè stessi alcuni Egesiaci, alcuni Annicerii, alcuni Teodorei sì soprannomarono. Non altrimenti che i seguaci di Fedone, di cui i più principali sono Eretrici. Discepoli di Aristippo furono: Arete sua figlia; Etiope da Tolemaide e Antipatro cireneo; di Arete, Aristippo il Metrodidatte (discepolo della madre); di costui, Teodoro, Ateo prima, quindi appellato Teo; di Antipatro, Epitimede cireneo; di costui Parebate, di Parebate Egesia il Pisitanato (persuasore di morte), e Aniceride, quegli che riscattò Platone.
VIII. Coloro impertanto che si attennero alle istituzioni di Aristippo, e furono detti Cirenaici, fanno uso di queste opinioni: suppongono due affezioni, dolore e piacere; soave movimento il piacere, il dolore aspro movimento; non differire piacer da piacere, nè alcuno essere più dolce, e quello da tutti gli animali apprezzato, questo rejetto. Tuttavia il piacere del corpo, ch’e’ dicono esser fine, secondo afferma Panezio nel libro Delle sette, non è quel piacere tranquillo che deriva dalla privazione del dolore e sola indolenza; cui ammette e chiama fine Epicuro. Sembra però il costoro fine dalla felicità differire. Fine cioè essere il particolar piacere, e la felicità l’unione di particolari piaceri,