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xii cenni del traduttore.

Il testo sul quale io condussi da prima la mia versione fu il Westeniano reputatissimo1, ma prescelto a mia disperazione se non fossero venuti in soccorso l’Aldobrandino e quello di E. Stefano. Conosciutone, assai tardi, scorrendo a caso il Brunet, uno di Lipsia2, procacciato-

    nezia, ebbe questa versione, una del 1545, una del 1561, ed una del 1566, in 8°. — I Rosetini protestando sempre di voltare dal greco, tradussero anche Aristofane, ma servendosi della versione latina di Andrea Dino di Capodistria, tacciato di non sapere nè greco nè latino, pubblicarono, col soprassello della propria ignoranza, un altro libro che il Gamba chiama miserabile e puerile.

  1. I giudizj degli uomini escono spesso come le pecorelle dal chiuso! L’edizione del Westenio fu della buona, forse perchè magnifica — e tutti, senza più, ripeterono ch’era buona non riflettendo che poca confidenza doveva inspirare a’ dotti il nome di M. Meibomio! — Odasi l’ultimo editore di Laerzio: «Verum is cui curain delegaverat, M. Meibomius non ille boni viri fide cura librario egit, sed ingenio malo pravoq. abusus est ad Diogenem eiusq. interpretem Ambrosium turpiter corrumpendum atq. interpolandolum. Temeritas antera Meibomii tantopere grassata est, ut quidquid ipsi in mentem veniret tamquam aliter esse non posset, ita statim reciperet, ut neque rationem adderet nulliam, neq. adnotaret quam fecisset mutationem. Adnotationum vero officium ita explevit, ut si ab una Epicuri vita discesseris, perpaucas daret ad reliquorum vitas philosophorum; in quis sane ita lapsus est, ut modo miserandus, modo irridendus esse videatur.» Huebnerus.
  2. Diog. Laertii de vitis etc. Graeca amendatiora edidit,