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socrate. | 113 |
condanna di lui, fu discepolo di Archelao il fisico, del quale, dice Aristosseno, fu pur mignone.
IV. Duri afferma aver egli e servito e lavorato in pietra; ed altri che sue sono le Grazie vestite, poste nella cittadella. Il perchè Timone ne’ Silli:
E da quelle è venuto il tagliapietra;
Lo spaccia-leggi; il ciurmator de’ Greci;
L’ostenta sottigliezze; il derisore;
Il retore; il mezz’attico; l’infinto.
V. Perocchè al dire di Idomeneo era abile nelle rettoriche; ma i trenta, secondo Senofonte, gli vietarono d’insegnare l’arte del dire. Ed Aristofane lo punge, come colui che col discorso le cose minime ingrandiva. Ed anche Favorino nella Varia istoria dice, ch’ei primo col suo discepolo Eschine apprese a far l’oratore — e ciò ne’ libri intorno a’ Socratici pur si assevera da Idomeneo — che primo disputò sulla vita; e primo tra i filosofi morì condannato. Racconta Aristosseno figlio di Spintaro ch’egli procacciava anche di aver danari; poichè, preparata una borsa, raccoglieva la piccola moNeta che vi gettavano, e spesa quella ne poneva uNa di nuovo. Demetrio bizantino dice, che Critone il tolse dall’officina e lo educò, avendolo in affezione per la grazia dell’animo.
VI. Conoscendo però che la contemplazione della natura a nulla profittava per noi, si pose a filosofare di cose morali, in sulle officine e nelle piazze; e a ripetere doversi ricercare:
Quel ch’hai di buono e di cattivo in casa.