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nell’Ippia, il quale v’aggiugne di soprappiù, che ciò facesse senza sussidio di macchina, e coll’unica forza dell’ingegno, in una sola notte!

XIII. E suo il motto: conosci te stesso. — Questo apotemma leggevasi scritto nel tempio di Delfo; e forse, osserva Cousin, vi fu trasportato dall’oriente, foggiandolo alla Greca — dai sensi allo spirito — dai simboli alle spiegazioni. Significava ciò che gli specchi ieratici ne’ templi egiziani. Se non che l’Egitto, dice Olimpiodoro, mostra sempre le cose a traverso l’enimma del simbolo; la Grecia alla luce della parola scritta. — Ma non tutti attribuivano questo motto a Talete; anzi i più lo fanno autore dell’altro, ΕΓΓΥΑ ΠΑΡΑ Δ´ΑΤΑ la sfortuna viene dopo gli impegni; la malleveria ha presso il danno, che parimente era scritto sulle pareti del tempio di Delfo, e che nel viaggio d’Anacarsi, come osserva il Visconti, s’interpreta in un modo adatto diverso: La sventura ti segue dappresso. Vedi anche una lunga nota del Menagio.

XIV. Intorno ai sette sapienti ecc. — Stesse incerte tradizioni che sul conto di Talete. — Filosofia politica chiama il Bruckero quella ch’e’ professavano. Distinti per virtù e per sapere; spesso legislatori delle loro patrie; legati fra loro di schietta amicizia potevano costoro riguardarsi come i depositarj del sapere di quel tempo (584, a. circa prima dell’e.v.). La pratica saviezza che raccomanda sovra tutte le virtù pubbliche, riferendole al più generoso amor patrio, era da essi insegnata per via di brevi sentenze, chiare e profonde, onde ebbero il nome di gnomici o sentenziosi. Furono detti anche pianeti dai molti viaggi che intraprendevano in cerca di sapienza. Per generale consenso erano questi i sapienti: PeriandroSoloneBrianteTaleteCleobuloPittacoChilone. — Sebbene Talete, al dire di Cicerone e di Apuleio, avesse nome del più saggio fra i sapienti, forse vin-