zione delle comunità antropiche (talora più resistenti ad innovazioni, più inclini ad un conservatorismo preoccupato della perpetuazione e riproduzione dello stesso sistema di sopravvivenza; ancorché ciò non escluda, sopratutto in alta quota, andamenti di sviluppo innovativo assai rapido ed intenso). Credo che tutti questi siano i tratti che più inconfondibilmente sono venuti a distinguere recentemente il mondo alpino nella ricerca storica; e credo che su di essi converrà sempre più insistere in futuro pur senza pretendere di erigere la storia «ambientale» a storia «globale» (ben sapendo anzi che l’«ecologizzazione» della storia non deve comportare alcun sacrificio di tutta l’ulteriore complessità della storia stessa, in chiave sociale, culturale, ecc.).
ZANZI: PER UNA «ECO-STORIA» DELLE ALPI |
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