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in una libbra, ed allora i pagamenti si avessero a fare secondo la quantità di aspri riconosciuta in essa trovarsi.

Da questo documento ricaviamo quale fosse il rapporto degli aspri turcheschi colle monete dell’isola e di Genova, essendovi detto che 27 aspri composti di caratti 2 ½ equivalevano ad un ducato di Scio; ora moltiplicando 27 per 2 ½ abbiamo caratti 67 ½, cioè, meno una frazione della quale è impossibile tener conto stante la diversa specie di tali monete, la stessa quantità per la quale nel 1499 era stato tassato il ducato sciotto; indi vi troviamo che per un aspro ci volevano denari 15, sottintesi di moneta corrente genovese, i quali moltiplicati per aspri 52 necessarii per fare un ducato largo, ci danno denari 780 ossia soldi 65, che, meno una piccola frazione causata come sopra, equivalgono a L. 3. 4. 6, valore cui essi vediamo correre in Genova nell’anno susseguente.

Possiamo inoltre arguire che da molto tempo, e probabilmente sin da quando per la caduta di Costantinopoli sotto il giogo di Maometto II, essendosi intieramente cangiate le condizioni delle isole greche, non si battè più in Scio moneta d’oro1; così da altro documento già citato2, cioè dalla convenzione fatta da Genova con Solimano II nel 1558, nella quale è detto che le era concesso di stampare ducati sultanini, o altre sorte di quelli vorranno, così dè veneziani come i sciotti, o vero dette loro stampe, inteso che tali specie sarebbero ricevute nei mercati di Oriente, pare che si debba dedurre che i ducati di Scio dovessero essere uguali nel tipo ai veneti.

Ritornando al decreto del 1509, esso è l’ultimo a noi noto nel quale trattasi della moneta di Scio, e dobbiamo credere che ulteriore variazione più in essa non avvenisse, o almeno che la madre patria più non intendesse prendervi parte, essendosi già detto che, per non mettersi in imbrogli colla Porta Ottomana,

  1. «Quantunque si abbia ragione di credere che ducati da lungo tempo più non si battessero in Scio, contuttociò continuarono nel commercio d’Oriente ad essere in corso almeno sino alla metà del secolo XVI, trovandosi, secondo lo Zon, (Cenni istorici intorno alla moneta veneziana. Venezia 1847, p. 26), tassati in una tariffa veneziana del 1543 con quelli di Rodi a lire venete 7. 6.»
  2. Morinello — Descrizione del viaggio dell’ambasciatore genovese a Solimano nel 1558.