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13 agosto dello stesso anno1 ne proibì assolutamente il corso sotto la pena del doppio pagamento per chi volesse smerciarla.
Tutti questi ordini pare che nessun risultato producessero, poichè ci risulta che quindici anni dopo, cioè li 29 aprile 14992, sentendo il governo di Genova che le monete di Scio talmente erano scapitate, che qualora non vi si portasse pronto rimedio ne restava affatto rovinato il commercio, ordinò che indi innanzi fosse vietato il contrattare a ducati di Scio, aboliendone sino il nome per non potersi su di essi in alcun modo contare, e che tutti i contratti fatti a tale specie di moneta fossero ridotti a ducati larghi calcolandoli caratti 130 caduno e gli altri soli 68, dichiarando che nei pagamenti i larghi potessero entrare per tre quarti ed un quarto fosse di caratti, e che nessuno di essi, meno quelli di Lucca, perchè inferiori, si potesse rifiutare; finalmente che nella zecca dell’isola solamente di questi buoni si potesse stampare sia al conio di Venezia che a qualunque altro, e per la mano d’opera un solo caratto per ducato si ritenesse.
Questo decreto nemmeno ebbe esecuzione, come ci prova un nuovo ordine emanato dal governatore del re di Francia in Genova li 8 febbraio 15093, pel quale, dopo essersi detto come il ducato di Scio era rimasto solamente di nome, nessuno più vedendosene in commercio, e che contuttociò sempre di esso continuavasi ad usare nelle contrattazioni con grave danno dei mercanti, annullata qualunque anteriore decisione, venne ordinato che indinnanzi sempre avesse a contrattarsi ad aspri turcheschi, contandone 27 per un ducato sciotto, permettendo che i pagamenti inferiori ad aspri 300 si potessero fare in moneta minuta in ragione di denari 15, od in caratti calcolandoli a pezzi 2 1/2 per aspro; ma qualora fossero a tale somma superiori, non se ne potesse dare più del cinque per cento; quando però le parti contraenti così amassero, fossero autorizzate a far i pagamenti in ducati larghi, contando ciascheduno per aspri 52. Inoltre, pel caso che i Turchi variassero il titolo o peso dei loro aspri, che si avesse subito a verificare quanti se ne contenesse