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città quando le prime non l’hanno, così anzi tutto crediamo di dover rispondere alle obbiezioni che ci si potrebbero fare relativamente a quelle sinora descritte come battute in Scio dai maonesi, cioè che non se le possano attribuire non leggendovisi il suo nome, nè veggendovisi il castello turrito che sempre si trova sopra quelle colle parole Civitas Sii o Chii.
Cominciando adunque da quelle di argento, che sono le più antiche, procureremo di provare che nè a Genova direttamente, nè alle colonie che in quest’epoca essa possedeva in Oriente devono le nostre monete spettare. Per il tipo che presentano e per la loro specie non possono per alcun verso appartenere al sistema monetario in vigore in quella città, che fuori della porta e croce altro mai permise che fosse improntato sulle sue, che sempre si divisero in lire, soldi e denari. Nemmeno può dirsi che vi siano state battute per le sue colonie, chè il loro intaglio sente la lontananza dall’Italia, e poi alcuna sarebbesi nel suo territorio scoperta, quando tutte nelle isole dell’Arcipelago esclusivamente trovansi. In quanto alle colonie nelle quali per la loro importanza potevasi tener aperta una zecca, esse si riducono a Pera, Caffa, Famagosta e Scio. Nella prima certamente no, chè giammai si sarebbe tollerato dagli imperatori greci che in un borgo della loro capitale stranieri venissero ad usare di un tal diritto, del quale alcun cenno nemmeno trovasi nei diplomi coi quali essi ai Genovesi concessero quella residenza, così nessun pezzo sinora si conosce che per alcun indizio possale attribuirsi. Riguardo a Caffa, si hanno bensì sue monete, ma tutte piccole, basse e con leggenda araba da un lato, perchè esclusivamente battute pel commercio della colonia coi Tartari, e queste crederei aspri del secolo XV. Di Famagosta poi non conosconsi che piccoli tornesi necessarii pelle contrattazioni dell’interno della città, chè per tutte quelle più importanti che si facevano colle altre parti dell’isola dipendenti dai re, come risulta dai documenti che ci rimangono, sempre si usarono i bisanti bianchi, i quali uscivano dalla zecca del principe.
Non avendo Genova altre possessioni in Levante dove vi fosse zecca fuorchè Scio, e le nostre monete essendo state sicuramente lavorate in quelle parti, dove solamente trovansi, e visto che