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certamente appartenente (Tav. I, n.ᵒ 6), è nel tipo esattamente uguale da ambi i lati a quelli di Napoli, però colle stesse leggende dell’antecedente, solamente che il nostro esemplare è un poco in esse mancante per esser alquanto corroso.

Ne ignoriamo il peso ed il titolo per possederne il disegno comunicatoci dal Direttore del Museo di Copenhaguen, signor Tompsen, che la morte viene di rapire alla scienza.

Inferiore a questo bel pezzo, e che si possa con certezza sotto quest’epoca classificare, altra moneta non conosciamo che una piccola pure d’argento, della quale possediamo tre esemplari, con qualche varietà, e dei quali uno (Tav. I, n.ᵒ 7) da un lato presenta nel campo con sotto una rosetta, segno dello zecchiere, il busto di faccia del doge vestito, pare, di vaio e coperto il capo col cappello, come nel gigliato, a forma di cono tronco, e con due nastri da esso pendenti, con in giro ☩ DVX · IANVENSIVN, e dall’altra ha una croce patente con attorno ☩ CVNRADVS · REX.

Altro affatto uguale al suddetto (Tav. I, n.ᵒ 8), ma nel quale per proprio contrassegno il maestro della zecca in luogo della rosetta mise un anello.

E finalmente un terzo ai precedenti pure simile (Tav. I, n.ᵒ 9), però colla testa più piccola e così pure la croce; manca in esso il segno dello zecchiere.

Di queste tre monetine quella che offre una miglior conservazione pesa grani 18.18 pari a grammi 1, e paiono tutte alla stessa bontà del gigliato.

Cosa fosse questo pezzo, come si denominasse e qual rapporto avesse coll’altro maggiore non ci venne fatto di trovarlo indicato in alcun luogo, in conseguenza dobbiamo cercarlo paragonando la quantità di fine che l’uno e l’altro contengono.

Il gigliato pesando grammi 4.407, e concesso che sia allo stesso titolo di quelli di Napoli e di Rodi, cioè a denari 11.3 ossia millesimi 927, deve contenere di fine grammi 4.085, così la nostra monetina calcolata alla stessa bontà e pesando grammi 1, darebbe grammi 0.927; ed appunto grammi 4.085 divisi per quattro danno grammi 1.021 ¼ di fine, quantità bensì di 100 millesimi incirca superiore a millesimi 927, ma da non tenersene