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ad intercessione di Francia, ottennero i superstiti dal sultano Selim di ritornare a Scio o di andare a Genova, dove la maggior parte infatti si recò, ed i loro discendenti sempre, abbenchè inutilmente, reclamarono sino al 1805 dalla repubblica il rimborso delle somme da essi versate nella banca di S. Giorgio a titolo di guarentigia verso il governo, e che ammontavano a seicento luoghi coi loro interessi.

Di quelli che ritornarono a Scio vivono ancora vari discendenti, dei quali molti, dopochè Genova nel 1814 venne annessa al Piemonte, ottennero la cittadinanza sarda, e di essi è Ignazio Giustiniani, tuttora vescovo del rito latino nell’isola.

Questi poveri cristiani, abbenchè sotto il giogo dei Turchi, poterono ancora godere di una discreta libertà sino al 1694, quando, mediante il loro appoggio, venne l’isola occupata dai Veneziani1; ma per la loro poca perizia nelle guerre di terra e per le cattive condizioni della flotta, presto essendo stati costretti a ritirarsi abbandonando per la fretta sino le munizioni militari, lasciarono che senza colpo ferire gli Ottomani vi rientrassero2. Allora per vendicarsi questi imposero ai Giustiniani enormi tributi, ridussero le chiese che ancora esistevano in moschee, e proibirono il loro pubblico culto ai cattolici.

Così Scio, dopo essere stata per due secoli sì fiorente sotto il dominio di questa società di Genovesi, da contare sino a centoventi mila abitanti, e nei suoi porti sempre un gran numero di navi di tutte le nazioni del Mediterraneo, perduto il suo commercio e rovinati i magnifici edifizi e templi che i Giustiniani vi avevano innalzati, poco per volta venne ridotta a quel misero stato nel quale trovansi le varie isole dell’Arcipelago soggette all’impero ottomano.


  1. Dell’acquisto e del ritiro dei Veneti dell’isola di Scio nell’anno 1094 (Trento 1710).
  2. «Essendosi questa impresa dei Veneziani fatta l’anno primo del dogato di Silvestro Valier, coll’osella secondo l’uso allora coniata se ne volle conservare la memoria, meschina gloria di governo cadente.»