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e la vita dell’operaio. | 27 |
uno sgomento indefinito; e non si sa davvero dove condurrà mai la povera umanità questa passione del bere.
Noi Italiani, siccome dissi, per ora siamo ben lontani da cotesta alluvione tremenda: ma anche fra noi ogni anno che passa segna disgraziatamente un numero maggiore di botti e botticelii di acquavite, di rum, che entrano nel nostro bel paese; mentre lasciamo andare via i nostri vini migliori. Bel giudizio! Ragione anche questa, per cui non andiamo a Roma.
Ma vediamo dapprima i guasti che il vino, l’acquavite, i liquori tutti inducono nell’organismo d’un individuo, e poi vedremo il male che fanno, al gran corpo sociale in sè e nella sua discendenza.
28. Signori, nulla vi ha di più dolente e di più schifoso d’un uomo, il quale si studia tutto giorno di soffocare in sè la scintilla divina, di sperdere la ragione, la coscienza, la libertà, tutti i doni della provvidenza, tutti i cari diletti del vivere, per il miserabile gusto di farsi attraversare l’ugola e l’esofago da un bicchierino d’acquavite.