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il giovane fremea a quelle placide sentenze. Quindi proruppe: «felice quegli a cui la patria alza una tomba, sulla quale spargono le vergini i fiori, qualche lagrima i cittadini, i passeggieri si soffermano ad ammirarla: il nome le gesta impresse in quel marmo non temono gli oltraggi delle Parche. La speranza di tali onori conforta l’animo a soffrire l’inesorabile decreto di quelle figliuole dell’Erebo. Certo colui, il quale non abbia senso alcuno di così oneste brame, è degno di rimanere insepolto esca agli avvoltoj.» Tu mi destini, disse Panfilo discretamente allo strazio degli eroi ne’ campi di Troja, quindi potrò anch’io sopportarlo senza ignominia. Pure instando col pungolo di questa mia plebea dialettica, chieggo se tu or odi, o vedi questi riti alla tua tomba, o se altro non sieno che larve in sogno.» Sieno pur tali, soggiunse quegli, ma elle destano valore nel petto, e sono la disciplina d’ogni eccellente