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plorata fanciulla. «Qui, dicea sospiroso, ella sedea sull’erbe fiorenti, mentre zefiro le scuotea molle i dorati capelli. Questo faggio stese le fresche sue ombre a difenderci dagli ardori del meriggio: questo sasso fu il trono, in cui Amore ci promise le sue delizie fallaci.» Il nome di lei inciso nelle pareti, e nelle piante da lui stesso, e il suo medesimo da lei scolpito nella buccia di molte, erano spine al suo cuore, in cui già stava indelebile quel nome. Oppresso omai da così prepotenti angosce cadeva in sopore profondo, ma in quello pure l’amata sembianza dominatrice d’ogni suo pensiero gli si offeriva or luttuosa, or lusinghiera: talvolta non come viva soltanto ma di bellezza celeste. Si lanciava egli per stringerla fra le braccia, e quella sorridendo con grazia divina mostrava dolce pietà nel vederlo deluso. Dalla perturbazione dei quali sogni destato, riconoscea se stesso vie più infelice, perocchè ove il sonno concede al-