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per le tue». Sorrise ella soave, trasse il lembo del velo sul volto, e tacque.

Intanto i servi trascorrendo la magione avvisavano gli ospiti ch’erano imbandite le mense, ed entrambi vi si recarono. Quando Glicistoma entrò la soglia tutti gli occhi si volsero a lei, e ciascuno si rallegrava col genitore che ogni dì crescesse la bellezza della figliuola. La grata perturbazione del recente colloquio rendea più fresche le rose delle guance, e come scintillante il fuoco delle pupille. Testoride gustava queste lodi. La fanciulla avvezza a udirle porgea loro negligente orecchio. La sua verecondia era sempre confortata dalle paterne ammonizioni. Testoride solea inculcarle che tali lusinghe si usavano con prodigalità da tutti con tutte. Doversi pertanto nè gustare come vere, nè spregiare come finte, ma ammettere cortesemente come sociale costumanza. Considerasse la bellezza un fiore che presto languisce, e