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il suo discorso come da ruscello a torrente. Erano le sue parole da Spartano, più tendenti al vero che al diletto. Sdegnava il dire comune di cose comuni, e splendeva di sentenze brevi. Erano però impedite da una sopravvegnente oscurità, per la quale taluno poi somigliò il suo ragionare a baleno di notte. Fu pur notato che in lui dominavan i pensieri forti, grandiosi, profondi, ma non del pari il suono e la proprietà delle voci, donde avveniva che quelli non mostrassero l’intrinseco valore. Ma pure i difetti non prevalevano a segno di superare i pregi, perocchè quasi fuggitive nubi non davan tempo all’uditore di giudicare se la colpa di non intendere fosse propria, o di chi favellava. Fu quindi stimato un Oratore composto da natura con modi straordinarj che invitavano ad udirlo. Poichè tacque gli si affollò intorno una corona, la quale insieme lo lodava, e lo ammoniva, rimanendogli speranze di ottenere con lo studio e col