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la quale sentiva mescersi una filiale pietà al suo audace proponimento. Ma le palpebre di Agarista non declinavano che a sonni interrotti da che Erostrato avea manifestata la spiacevole ansietà di svellersi dalle braccia sue. Surse quindi con l’aurora, e fu sollecita di sapere se i sonni del giovanetto fossero più tranquilli dei suoi. Ecco le apparve smarrita una ancella apportatrice di tristo messaggio. Avea per l’affanno impedita nelle fauci la voce. Ahimè, sclamò Agarista, il tuo dolore ti vieta di favellare, ma il mio fa che l’intenda! Oh figliuolo per l’addietro dolce conforto, sei tu divenuto il mio tiranno! Così dicendo corse smaniosa alle stanze di lui, le quali trovò spalancate, e sopra una mensa aperto il foglio. Leggendo il quale rimase da prima tacita e immota, poscia con lagrime e lamenti percuoteva il petto, implorava gli Dei pietosi. Accorse Panfilo e sè chiamava infelice per la insufficienza delle sue esortazioni. Sopravvennero al pianto i