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a quello speco Erostrato, il quale pur lo frequentava da poco per asilo delle sue contemplazioni. Vide l’agguato, e in procinto la offesa: sguainò la spada, percosse il dardo, e lo troncò. L’insidiatore soprappreso gettò l’arco, e fuggì confuso. Erostrato incalzava il fuggitivo, ma il delitto gli avea messo l’ali a’ piedi. Nè potendolo raggiungere, ritornato alla grotta ritrovò Cleante mal desto e incerto se caso vero, o illusione di sogno gli fosse avvenuto. Ma l’arco, la freccia ivi rimasti, la narrazione del giovane trassero Cleante di perplessità. E mentre egli avea tutto l’animo occupato a riconoscere così improvviso benefizio, tacque in un subito come impedito nella favella. Vide nel candido petto del giovane una striscia bruna, e insieme pendergli dal collo un monile d’oro. Balbettando gli chiese donde e da quando avesse tale ornamento: egli rispose «da che nacqui.» Pregollo Cleante mostrassegli quale insegna ne pendesse. Vide