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sentimento, ove poi ci occorre di ragionare dell’ordine dell’universo, intrepido spettatore di sue maraviglie mi fai palpitare di terrore, che in questo argomento maggiore di tutti non sieno come negli altri condegne le sentenze tue.» Quegli benevolmente guardandolo rispose. «Ecco pascono gli armenti le rugiadose erbe alla aurora, lieto canta il bifolco mentre stimola i buoj nel solco ferace: guizzano festosi i pesci; spaziano tripudiando gli augelli per l’aere tranquillo, e noi spregiatori del volgo, divoratori d’ogni animale ingolfati nella investigazione dell’impenetrabile vero, stanchi in fine più che persuasi, rimanghiamo ignari quanto la plebe, e più miseri de’ bruti.» Così dicendo, chinò la fronte e tacque. Surgea intanto il sole dal mare con lento progresso, e spandea nel mondo la sua luce maestosa: «Mira, disse Evsevaste, con quale obbedienza costante alle supreme leggi