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commotso proruppe: «son pur dolci questi silenzj pensatori al paragone delle urbane garrulità!» Evsevaste custode del tempio a tale esclamazione soggiunse: «certo diviene muta ogni favella quando ci sta davanti gli occhi così eloquente spettacolo come l’universo. Ecco spazio infinito di sfere sparso d’innumerevoli meraviglie del supremo fattore: l’intelleto soccombe a questa immensità, consente ch’ella sia tale: comprendere non la può. Non altra è quindi la nostra scienza fuorchè uno smarrimento nella incomprensibile verità.» Mentre egli così ragionava i rosignoli con notturne querele gorgheggiavano conciliando vie più soave contemplazione. Mormorava l’onda spinta con lento moto alle arene. «Deh, soggiunse Glicerio ben vorrei mi fosse conceduto gustare l’armonia delle sfere, perocchè delizia ineffabile dee esser quella di tanto suprema lira, quando Orfeo potè con