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role che un giovane prete diceva dal pulpito. Erano parole così dolci che facevano pensare a un volo di colombe: parole bianche, parole alate che sembravano frusciare dolcemente al di sopra delle teste dei fedeli; parole calde di un ardore contenuto, simili a nuvole d’incenso sospese, profumanti la volta, acute e morbide insieme; ed uscivano, le parole, da una vibrante anima di asceta, da una forma pallida, emaciata, a cui l’interno calore dava riflessi di fiamma attraverso una lampada. La folla dei contadini, il gruppo dei villeggianti, tutta quella massa variopinta ed immobile accomunata nei banchi, addossata ai pilastri, prona sui gradini dell’altare scompariva, ricchi e poveri insieme, quasi atterrata dall’esile persona che a mala pena si scorgeva nella penombra del pergamo. E la voce continuava dolce, soave, a volte singhiozzante, a volte limpida, ma sempre frenata dalla violenza stessa dell’ardore. Un gemito lungo che parve