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Era Anna che aveva risposto a Flavio. Era sempre lei che raccoglieva le rare osservazioni del fanciullo, come già un tempo aveva fatto suo padre. Ciò accadeva spontaneamente per un intimo accordo di sensazioni, ma vi si abbandonava anche volentieri pensando di continuare un lavoro di riabilitazione e di giustizia. Confidenze dirette non ne aveva ricevute ancora, nessuno le aveva chiaramente palesato che cosa fosse stata l’infanzia di Flavio, ma con sottile intuito ella l’aveva letta, la leggeva tutti i giorni nel pallore malaticcio di lui, nella piega dolorosa delle labbra, nell’occhio attonito che aveva talvolta immobilità vitree di anima assente; e quando con femminile pietà aveva fatta sua la tristezza di quell’adolescente senza famiglia, di quell’adolescente che non aveva nemmeno conosciuto la tenerezza di una madre, il suo sguardo ardente e cupo passava come una carezza sulla povera testa dai capelli incolti,