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una velatura indefinibile di mestizia rimastagli dalla sua triste infanzia e che il successo non poteva cancellare interamente. Egli aveva inoltre quella vera modestia che fa del trionfo un piacere raccolto, che lo sottrae alle manifestazioni turbolente e chiassose per innalzarlo ad una specie di rito intimo, quasi ad un patto religioso e solenne coll'anima.

— Suo, suo, tutto suo! — Alludendo al trionfo così Flavio rispose stringendo la mano di Anna, turbata anch'essa e felice, eppure mesta di una mestizia che anzichè essere in lei l'ombra del passato sembrava un'oscura prossima minaccia.

Elvira indugiava a parlare. Col busto per metà rovesciato sull'appoggiatoio della panchina, fissava Flavio con uno sguardo ardente, insolito in lei, che non tardò ad esercitare sul giovine una singolare potenza di attrazione. Ella era in quel divino momento della giovinezza che conferisce ad ogni cosa viva