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tata; non so di che età, ma giovane o almeno mi sembrava tale; una mite creatura che vedevo raramente in casa del vescovo e mai altrove; aveva i capelli neri neri, pettinati lisci intorno alla fronte bianchissima. Mi voleva bene, mi proteggeva; quando mi sgridavano troppo (perchè io fui sempre sgridato in tutta la mia vita) mi attirava a sè e mi nascondeva la faccia nel suo grembo.

Ebbe una pausa. Si guardò in giro, guardò l’abito di Anna, parve cercare una parola.

— Come si chiama quella stoffa morbida, che non è seta, non è cotone, non è lana?... Mia cugina aveva un abito così, morbido, cadente con pieghe floscie... Filugello?

— Non so che si facciano abiti di filugello: dovrebbero essere ruvidi — disse Anna.

— Mi sbaglierò dunque; non sarà filugello; infine non importa. So che era morbido e fresco e siccome ella mi teneva contro i suoi ginocchi finchè avessi cessato di piangere