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deva più in mezzo ad esse un lungo convoglio corrente cogli occhi di fiamma. Pensò: «Per quest’oggi non arriva.» Si rifece accanto al tavolino e in piedi, sotto la lucerna, rilesse una lettera che teneva nell’alta cintura di seta nera serrata da una fibbia d’argento. Diceva la lettera:
«Mia signora e mia amica, il tempo della prova è quasi passato. Io potrò arrivare da un giorno all’altro, non so quando precisamente e perciò non dico ancor nulla a nessuno, ma a lei sì. Lei ha diritto di sapere tutto da me. Non è forse la mia coscienza? In qual modo avrei potuto resistere in questo anno di lotta e come avrei trovato la forza stessa della decisione se ella non mi avesse assistito col suo affetto e co’ suoi consigli? se facendosi veramente la mia coscienza e la mia anima non mi avesse indicata questa che oso ora chiamare la mia via? Non dubito più. Lei che mi vuol bene se ne rallegri. So quello che posso; sopratutto so che devo tutto a lei. Lo scrivo con gioia perchè ciò mi permette di dirmi suo e tutto suo
Flavio».
Ogni volta che Anna rileggeva quella let-